Si sente spesso parlare con disapprovazione dei bambini-lumaca, ma una recente ricerca dimostra quanto spesso siano soggetti molto intelligenti con l’esigenza di capire a fondo un argomento prima di affrontarne un altro.
La mania attuale di passare velocemente a tanti aspetti diversi, di sfiorare vari argomenti uno dopo l’ altro per paura di annoiare – lo zapping sistematico anche a scuola – uccide il piacere di imparare e mette in grave disagio questi bambini, che finiscono per essere considerati incapaci solo perché non si adeguano alla velocità che altri loro compagni riescono a seguire, magari a prezzo di altre difficoltà meno visibili. Sgridare serve solo ad abbassare il livello di autostima e a farli rinchiudere in un loro… guscio.
Occorre rispettare la diversità di ognuno che è varietà di talenti, di interessi, ma anche di tempi di attenzione, come insegna la scoperta delle intelligenze multiple.
E viene da chiedersi: “A che cosa valgono indagini e scoperte luminose se si continua a fare scuola e a trattare ovunque i bambini secondo modalità autoritarie e logiche da successo aziendale?”.
Vale la pena di prendere tempo per perdere il tempo, accettando l’originalità individuale quale appare nelle differenze dei ritmi di crescita, di reazione, di movimento; non umiliare il bambino che procede adagio per agire con esattezza, che si concentra sul proprio lavoro. Da quando in qua la concentrazione è diventata qualcosa di negativo o di superfluo?
Anziché esprimere giudizi drastici e senza appello nei confronti di ragazzini che di certo cambieranno più volte nel corso degli anni, insegnanti e genitori dovrebbero interrogarsi sulla portata dei loro commenti verbali o scritti e sui guai che producono nei giovanissimi per lo stato di umiliazione e di depressione che, senza nemmeno rendersene conto.
La lentezza come virtù – Una società che sceglie lo stress e l’impazienza quali modi legittimi dell’esistere non è in grado di vedere le differenze tra gli individui e annulla ogni possibile rispetto verso di essi. Un bambino può essere lento sulla base di un confronto con i compagni o secondo tempi mentali di un suo docente, quindi senza alcun criterio oggettivo. Per lui interiorizzare gli apprendimenti o i rapporti con gli altri risulta fortemente minacciato. Ed è raro che la scuola non lasci un gusto amaro, un sentimento di solitudine e di noia o anche di rabbia: molti lo sanno, ma preferiscono ignorarlo.
Jean-Jacques Rousseau a fine Settecento, nel suo celebre testo L’Emile, scriveva:”Vorrei esprimere la più importante e utile regola educativa: per me non significa guadagnare tempo, ma perderlo!”
Grazia Honegger Fresco