Il problema della scelta dei canti e delle melodie può essere meglio compreso se si fa il paragone con le immagini, evitando condizionamenti a senso unico.
Ci sono Nidi che espongono solo raffigurazioni di personaggi disneyani o gigantografie di animali o di grassi lattanti ridotti a fiori o immersi nei cavoli: ha un senso tutto ciò per i bambini che vivono in quel luogo? Le immagini per chi sono?
Quegli stessi Nidi o altri hanno in permanenza musica di sottofondo per “calmare”: sempre Mozart o Vivaldi, sempre melodie New Age o di arpa celtica. A parte il fatto che un’esperienza sonora continua rende insensibili e come sordi all’ascolto, chiediamoci: per chi è quella musica? Scelta con quali criteri? Si direbbe piuttosto che tutto va bene, eccetto il silenzio: un’assenza di rumori che per molte persone è intollerabile.
Non è un caso se nella maggioranza delle istituzioni infantili l’esperienza costante è quella del frastuono continuo che annulla un vero ascolto. Tutti gridano, chiamano da lontano. Il chiasso giunge al culmine nelle stanze da pranzo o nei saloni d’ingresso al mattino e all’uscita: un rumore fastidioso che si cerca di moderare o di soffocare con la musica di sottofondo. Quante contraddizioni!
Da un lato dovremmo fare verifiche serie sul disagio che frastuono e rimbombo provocano e gli effetti sul comportamento di bambini che diventano irritabili senza sapere bene perché. Basta che gli adulti moderino le loro voci, che si riducano gli spazi o si insonorizzi il soffitto che in poco tempo tutti – grandi e piccoli – cambiano i propri atteggiamenti.
D’altro lato solo in condizioni di quiete e di ascolto reciproco la musica può parlare il suo linguaggio. Musica ben scelta, dosata, in alternanza a momenti di quiete per gustarne meglio gli effetti sonori: del resto la musica stessa è fatta di suoni e di pause. E poi, che uso farne?
Non sono molti gli adulti che si chiedono come proporla in modo efficace senza ricorrere ad alcun comando del tipo “Bambini, adesso si marcia” o “Ora si corre” seguito da: “Adesso fate due saltini” (con applausi a ogni minima prova, come TV insegna!).
La risposta sta nel fatto che la musica parla da sola, soprattutto se le musiche presentate stimolano di per sé risposte motorie. È quanto accade ad esempio sentendo una marcia militare o un valzer viennese, un ritmo caraibico o un insieme di tamburi africani: l’intero corpo è spinto a rispondere, sollecitato dal ritmo, dalle armonie e questa, come già detto, è reazione precocissima. Allora la risposta è qui:
- cercare le musiche adatte, di buona qualità;
- offrirle in modo discreto, adatto all’età;
- aspettare la risposta spontanea che ha i suoi tempi, diversi dai nostri.
Se il clima è rispettoso delle iniziative dei bambini, in altre parole affettivo, le sensazioni musicali restano legate ad esso e danno significato a ciò che i bambini sentono. In ogni caso sono gli adulti i responsabili degli effetti che esse producono.
Anche il canto può essere utilizzato per muoversi sulla musica, secondo una tradizione che appartiene a molte regioni e a molti popoli. Purtroppo nelle collettività infantili, per mancanza di una preparazione specifica degli educatori, cantare è considerato passatempo, puro intrattenimento di scarsa rilevanza educativa rispetto all’uso di carta e colori o ai gioco stesso.
Eppure le prime produzioni vocali del bambino sono eventi di crescita come i primi scarabocchi. “La musica, ha scritto Marie Louise Aucher, fondatrice in Francia della psicofonia, mette in uno stato vibratorio l’essere umano che a sua volta risponde o emette vibrazioni seguendo l’intensità “felice” di quello strumento vivente che è il suo corpo. L’aspetto costitutivo – anatomico – e quello funzionale si intrecciano in rapporto ai suoni ascoltati o emessi ed edificano l’armonia vitale di un essere umano. E questo, che inizia già prima della nascita, diventa particolarmente importante nei primi tempi dello sviluppo”.
L’articolo è tratto dalla rivista “il quaderno Montessori”, inverno 2002/2003.