Riportiamo un interessante articolo pubblicato da Donna Moderna, di Alex Corlazzoli, in cui si parla del libro La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie di Mario Valle.
«Credo che l’introduzione di ausili meccanici diventerà una necessità generale nelle scuole del futuro. Vorrei, però, sottolineare che questi ausili non sono sufficienti per realizzare la totalità dell’educazione». Bastano queste parole di Maria Montessori per dare una risposta alla domanda che spesso molti genitori si pongono: computer e tablet possono integrarsi con un metodo nato nei primi del Novecento?
A prima vista sembrerebbe che la modernità non abbia nulla a che fare con il passato ma a questa domanda ha risposto Mario Valle in un libro appena uscito per le edizioni Il leone verde dal titolo “La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie”. Intanto dobbiamo chiarire come in generale la nota dottoressa usava in genere i materiali: li provava, li usava, li studiava ma soprattutto osservava l’uso che ne facevano i bambini. La libera scelta, l’individualizzazione e l’autocorrezione erano principi fondamentali per Maria Montessori di fronte ad un materiale.
Molto del suo tempo lo trascorreva ad osservare i bambini. Non basta mettere nelle loro mani un cellulare. Bisogna capire come s’approcciano, cosa inventano, come reagiscono.
Computer e tablet: meglio a partire dai 6 anni
Chiarito questo aspetto, l’approccio montessoriano, richiamato da Valle che da anni lavora al Centro svizzero di calcolo scientifico di Lugano, ci aiuta a capire quando dare in mano ad un bambino un tablet, un personal computer. Maria Montessori sosteneva con molta chiarezza che i bambini nei primi sei anni esplorano il mondo attraverso esperienze concrete, sporcandosi le mani, toccando oggetti reali, utilizzando i sensi: «Il bambino impara attraverso la sua attività e se gli viene data la possibilità di imparare attivamente sviluppa il suo carattere e la sua personalità» scriveva la scienziata.
Questo ci porta a pensare che al nido e alla scuola dell’infanzia è escluso l’uso della tecnologia che invece può apparire alla primaria soprattutto per far comprendere ai bambini che cosa c’è dietro ad essa ed educarli a trattarla correttamente. Non possiamo dimenticare, infatti, che i vari materiali, l’ambiente e le attività che ritroviamo in una scuola montessoriana hanno un’integrazione reciproca. Il movimento, l’imitazione, l’uso delle mani attivano o utilizzano meccanismi cerebrali che portano benefici a lungo termine. «Non sempre le tecnologie riescono a migliorare questi risultati» scrive Valle.
Usare il computer e mantenere la concentrazione
Qui si apre un altro capitolo: quello della concentrazione. La Montessori ancora una volta ci offre una provocazione utile all’oggi: «La prima premessa per lo sviluppo del bambino è la concentrazione. Il bambino che si concentra è immensamente felice» scrive Maria Montessori.
Valle a questa considerazione aggiunge che «la tecnologia è fenomenale per attirare l’attenzione dei bambini mentre in generale non fa molto per mantenerla. Nel 2000 le persone avevano una soglia di attenzione media di 12 secondi. Nel 2013 è scesa a otto. Un pesce rosso è in grado di restare attento nove secondi».
D’altro canto basta osservare (appunto) i bambini in classe. La vera sfida di chi usa la tecnologia con loro è quella di continuare ad essere interessanti ovvero essere in grado di far diventare la tecnologia un mezzo e non un fine. Non serve andare davanti al personal computer per il gusto di digitare una tastiera ma è utile starci per fare un’attività che stimoli il cervello. La tecnologia perciò non può che essere usata alla stregua degli altri materiali, dev’essere disposta all’interno dell’ambiente e non formare una disciplina autonoma.
Come usare il computer in classe
Diffidate dalle scuole che ancora oggi vantano un’aula di informatica: l’innovazione serve a fare storia, geografia, scienze, matematica e deve servire al bambino non al maestro.
Spesso vedo colleghi che usano la tecnologia per semplificare il proprio lavoro. Può essere ma ciò che più deve farci riflettere è quanto una app, un programma aiutano il bambino a raggiungere la meta. Una maestra montessoriana americana racconta nel libro di Valle: «Io uso il computer per analizzare, raccogliere, sintetizzare, condividere le informazioni. Se uno studente vuol fare una ricerca a volte la facciamo su Google solo dopo aver visto se possiamo trovare qualcosa nella nostra enciclopedia di classe. Internet e il computer sono presentati in una lezione come un altro strumento di ricerca». Ecco, anziché dare risposte devono aiutarci a porre interrogativi perché solo il farsi delle domande mette in moto la curiosità per il sapere.
Il libro è stato recensito anche da Il pianeta dei bambini. Per ulteriori informazioni, visitate il sito dell’autore.