Quando nasce, il bambino viene da un’acqua sempre dello stesso calore e sapore, da uno spazio ristrettissimo in cui avverte i ritmi materni; le voci gli giungono ovattate, l’oscurità e la protezione tengono lontani contatti diretti, urti, spostamenti veloci… Catapultato fuori ha bisogno di orientarsi. Fragile certo, ha però le forze per farlo. Assalito dal freddo, da contatti bruschi, ha bisogno di ritrovarsi sul corpo della madre, bollente dopo tanta fatica: loro due insieme sotto una coperta, nel silenzio, nella luce attenuata.
Questo sarebbe l’inizio ideale di ogni nuova vita con la presenza paterna che accoglie l’unità madre-bambino e la racchiude nel guscio del suo amore, a protezione della loro condizione simbiotica, da cui usciranno a poco a poco.
Nei genitori la natura predispone – come in altre specie viventi – uno speciale periodo sensitivo che li fa concentrare sui bisogni del neonato, li rende sensibili e attenti alle sue mute richieste. E’ l’inizio del primo legame tra genitori e bambino. Ma lui, il piccolo – occhi quasi sempre chiusi, tutto bocca per succhiare e piangere, pochi movimenti degli arti – di che cosa è capace? La sua visibile debolezza chiede protezione, calore, gesti delicati, voci sommesse, luci; eppure ha già, come ogni cucciolo, intanto una potente abilità autoregolativa. E’ la sua forza: sa da sé quando e quanto succhiare, quanto restare sveglio e quanto dormire: non sa nulla del nostro orologio. I suoi tempi sono quelli della vita che scorre dentro di lui. Anche dei suoi, della madre perfino, non sa nulla, ma ha –di nascita – questa sua sapienza biologica che, a pensarci bene, è il primo passo verso l’indipendenza.
Per decenni ha dominato l’idea di adattare il bambino a noi: poppate a orari rigidi, doppia pesata, svegliarlo per succhiare, lasciarlo piangere a lungo per addestrarlo a orari diversi, modalità oggi attenuate ma anche sostituite da eccesso di stimoli cui i neonati sono esposti fin dai primi giorni.
L’altro mezzo per orientarsi nel nuovo mondo bambini così piccoli lo hanno nei loro sensi. In ordine di efficacia nei primi mesi: odorato, tatto, udito, vista, gusto.
La posizione supina è quella che già nelle prime settimane favorisce movimenti tutti suoi della testa e degli arti con i quali sta recuperando la ricchezza motoria che aveva nell’utero materno. Ora è come se dovesse esercitarsi di nuovo. A volte porta le dita alla bocca, indice di un’esperienza scoperta già prima della nascita.
L’udito è sempre molto attivo: numerose ricerche hanno accertato che esso lo era già prima della nascita. La vista ha una messa a fuoco limitata, circa un palmo, giusto la distanza tra il seno materno quando succhia e il viso di lei. Pare sia molto sensibile alla forma ovale del viso e alla posizione degli occhi, ma ancora non sa nulla del volto materno. Impiegherà circa nove mesi per memorizzarlo e finalmente identificarlo. Quanto al gusto, per ora conosce solo il sapore lievemente dolce del latte.