Il bambino nell’utero, seguen il proprio schema – genetico, automatico – di sviluppo, crescendo e perfezionando le competenze che gli saranno indispensabili per nascere e per sopravvivere fuori dal corpo materno. Nascendo, il neonato deve rendere autonoma la funzionalità dei suoi organi vitali e contemporaneamente essere in grado di attivare la relazione con la propria madre: in altre parole possedere caratteristiche che inducano l’accudimento, senza il quale non potrebbe vivere. Non si trova più in una dipendenza esclusiva, ma parziale.
Affinché questo passaggio e queste trasformazioni si esprimano al meglio, è necessario favorire la continuità dell’esperienza che il bambino ha maturato fino a quel momento, adeguarsi alle sue caratteristiche, “utilizzarle” come guida, perché costituiscono la sua memoria e quindi i suoi punti di forza. Proviamo a descrivere alcune caratteristiche di un bambino appena nato, per decifrare le informazioni che ci comunica e capire come avere a che fare con lui. Il suo aspetto fisico e le sue proporzioni (come quelle dei cuccioli) sono molto diverse rispetto all’adulto: nasce con la testa grossa rispetto al corpo, le estremità corte e grassocce, le forme del corpo arrotondate, gli strati superficiali soffici ed elastici, le guance paffute, rotonde, prominenti, gli occhi grandi con una lucidità e una profondità speciali. Tutto questo muove a tenerezza.
Il bambino appena nato cerca subito di rannicchiarsi: è così che si tranquillizza. La sua colonna ha ancora la forma ovoidale dell’utero che lo ha contenuto per tanti mesi: perché obbligarlo subito alla posizione estesa, magari su un piano rigido e freddo? Apre gli occhi, come aveva già fatto nell’utero, ma quell’ambiente era quasi buio: se ora lo abbagliamo, ha una reazione di paura e si difende tenendoli ben chiusi. Le sue piccole orecchie vengono inondate da suoni molto più intensi trasmessi dall’aria (rispetto a quelli che gli arrivavano attraverso il liquido uterino): per questo è importante non aggredirlo con voci e rumori a lui estranei. Lasciamo che siano i suoi genitori a parlare se vogliono, a commentare, ad emettere le espressioni verbali legate allo stupore, al sollievo. Sono sicuramente le voci che, attraverso il filtro uterino, ha sentito di più per tutta la gestazione. Il piccolo proviene da un ambiente caldo e umido, la sua pelle non ha mai conosciuto l’aria e la temperatura ambientale esterna, quindi ha bisogno al più presto di ritrovare calore, per questo deve incontrare la pelle materna.
Alla luce di questi pochi elementi già si capisce perché sia così importante riconsegnare un bimbo appena nato alla propria madre: appoggiato sulla sua pancia o tra le braccia di lei ritrova le condizioni di cui ha bisogno e le esperienze che ha maturato fino a quel momento:
* la posizione accoccolata,
* il calore e l’umidità, la pelle infatti trasmette il proprio calore (ogni mamma al termine del parto è sudata!)
* l’odore e il sapore del corpo della madre, che ha già conosciuto attraverso il liquido amniotico e attraverso il contatto con le secrezioni genitali durante il parto
* il movimento dato dall’alzarsi e abbassarsi del respiro materno, anche questo sperimentato attraverso le escursioni del diaframma sul fondo uterino;
- il ritmo e il rumore del cuore di lei, attraverso l’appoggio sul torace e sul seno: poiché dopo la fatica del parto la donna è spesso un po’ ansimante ed eccitata, il suo respiro è ampio e il battito accelerato
- le orecchie del piccolo raccolgono le parole della madre anche attraverso le vibrazioni sonore trasmesse dal contatto diretto del tessuto corporeo, come era abituato.
Oltre a queste considerazioni che riguardano la sua attività sensoriale, è importante sapere che, quando nasce, il bambino mette in atto alcuni processi fisiologici eccezionali che gli permettono di adattarsi alla vita autonoma:
* i suoi polmoni, ad esempio, non appena si riempiono d’aria, devono subito cominciare a lavorare
- la forte compressione del torace durante il parto libera le vie aeree più alte, facendogli sputare spontaneamente il liquido amniotico che riempiva fino a quel momento naso e bocca
- contemporaneamente si riassorbe il liquido polmonare. Si tratta di un liquido che non ha niente a che fare con quello amniotico: è infatti una complessa composizione chimica secreta dagli alveoli nel corso della gestazione. Quando l’aria entra per la prima volta nei polmoni, questo liquido attraversa la parete degli alveoli, raggiunge i vasi sanguigni e si mescola al flusso sanguigno intrapolmonare. Questo abbondante arrivo di liquidi è tra i fattori che attivano la circolazione polmonare; inoltre il liquido polmonare contiene la speciale sostanza detta surfactante che permette la distensione degli alveoli fino a quel momento collabiti. Quindi l’aria entrando nei polmoni trova il suo spazio; contemporaneamente il surfactante impermeabilizza la parete alveolare, impedendo al sangue e ai liquidi che l’hanno attraversata di tornare indietro. Ecco allora che il diaframma, che pure era già attivo nell’utero (singhiozzo),trova a poco a poco un ritmo nuovo e regolare indotto dalla respirazione autonoma del bambino
È un grande lavoro quello che ho provato a descrivere. Per questo il corpo materno si presta ancora ad aiutare l’avvio alla vita autonoma del figlio e lo fa attraverso il cordone ombelicale – ancora collegato alla placenta – che continua a funzionare mentre il neonato sta passando alla respirazione polmonare: Si determina così una doppia ossigenazione. La presenza attiva del flusso di sangue ombelicale alla nascita non si limita solo all’apporto di ossigeno; favorisce anche lo scambio di tutte le sostanze utili in questo momento: zuccheri, alcalinizzanti che riducono l’acidosi dovuta allo sforzo della nascita, ormoni, ecc.
Praticamente la placenta sta lavorando ancora per il bambino appena nato. Quindi il cordone ombelicale andrebbe reciso solo quando smette di pulsare e inizia a collabire (10’- 20’ circa); ancora meglio aspettare a farlo dopo l’uscita della placenta: non deve esserci alcuna fretta.
Alla nascita anche il cuore modifica profondamente la sua dinamica: all’interno delle camere cardiache si chiudono alcuni passaggi e se ne aprono altri, invertendo determinati flussi sanguigni; cambia la pressione sanguigna generale e la pressione arteriosa in alcuni organi.
Ora il bambino deve far fronte ai suoi fabbisogni energetici: avverte la fame, il freddo, le sensazioni tattili di sfregamento, la perdita di confini.
In questo passaggio di condizione il bimbo è inondato di ormoni e di altre sostanze che lo aiutano a fronteggiare i tanti cambiamenti.
Innanzitutto ha in circolo molta ossitocina, l’ormone che ha provocato e sostenuto il parto. Per molto tempo si è creduto che l’ossitocina avesse solo gli effetti meccanici necessari per far contrarre l’utero, per la nascita del bambino, per il secondamento, per il riflesso di eiezione del latte. In realtà ha effetti molto più ampi sul comportamento umano. L’ossitocina è presente nei mammiferi, anche nei maschi, nelle situazioni legate alla “relazione”, raggiunge tassi molto alti in tutte le manifestazioni sessuali, quando si allatta, quando sono stimolate le zone erogene, quando si è attratti da un partner; è attivante, favorisce l’attrazione e il legame tra i soggetti.
È stato dimostrato che aumenta anche nei momenti in cui si condivide un pranzo con amici, a dimostrazione che mangiare insieme è più che nutrirsi: è condividere legami con i propri compagni. Definita “l’ormone dell’amore”, l’ossitocina, quando si trova in un buona concentrazione, è sempre accompagnata dalle endorfine, le morfine naturali che danno il senso del piacere, del benessere, della gratificazione. Così è per il bambino appena nato. Lui e sua madre vicini, colmi di questi oppiacei naturali – le cui proprietà creano uno stato di dipendenza e di abitudine – avviano uno stato di reciproca dipendenza: è l’inizio del legame tra loro.
L’altra sostanza che si ritrova in altissimi dosaggi è l’adrenalina: normalmente la produciamo per affrontare situazioni di emergenza e di allerta, ma nel neonato è un vero “salvavita”, il cui effetto si ripercuote su tutti i distretti vitali: rende disponibili le sostanze energetiche indispensabili, mobilita le riserve di grassi e di zuccheri, il grasso bruno che si trova sotto le scapole e attorno alle surrenali per produrre calore; protegge cuore, reni, cervello concentrando l’afflusso del sangue; favorisce il riassorbimento del liquido intrapolmonare; amplia le capacità sensoriali del neonato; stimola in modo eccezionale il riflesso di suzione, il sostegno del capo e la capacità motoria di strisciamento ( servono per raggiungere il seno materno ); dà al neonato uno sguardo lucido e intenso.
Tutto questo sostegno “chimico” è attivo nelle prime due-tre ore dalla nascita, si tratta di un particolare periodo sensitivo. È un tempo biologico che non tornerà più con la stessa intensità. Dopo la fatica del parto (favorito e rispettato nella sua fisiologia) c’è una madre aperta, ricettiva, sensitiva e un bambino attivo, che si muove verso di lei, due sguardi che si incontrano e si riconoscono. Un altro ormone lavora in questa direzione: la prolattina: presente in minima parte durante la gravidanza, aumenta durante il parto e, subito dopo la nascita, all’espulsione della placenta. È l’ormone per eccellenza delle cure materne, quello che in tutte le specie animali induce a costruire un nido.
Questi primi momenti non andrebbero mai disturbati. Favorire l’incontro tra madre e neonato nel loro “periodo sensitivo” significa promuovere salute fisica, emotiva e psicologica. È realmente prevenzione di patologie.
Quando nasce un bambino si muovono le emozioni in tutte le persone presenti sulla scena e l’ambiente ne rimane come contagiato; avviene una sorta di rimescolamento: gli adulti attivano atteggiamenti regressivi, cambiano il tono della voce, sorridono, si sensibilizzano per entrare in sintonia con le esigenze più profonde del nuovo nato.
Passate le prime ore, cala il livello degli ormoni e il neonato mostra il bisogno di riposare. Va assecondato, naturalmente. Il luogo migliore è accanto a sua madre. Anche lei vicino al bambino è più tranquilla, lo può guardare quando e quanto vuole, lo può sfiorare o toccare. Lo sente. La separazione tra i due corpi non si trasforma in uno strappo, in un’assenza, ma si modula. Il neonato non ha bisogno di alcuna cura speciale che non venga soddisfatta da questa vicinanza. La madre sperimenta da sé senza dover fare quello che le dicono gli altri. Nei primi giorni si accomodano l’un l’altro, si perfezionano nell’ascolto reciproco, nelle risposte.
L’avvio della suzione senza altre interferenze artificiali fa assumere al piccolo il colostro, che la donna ha già iniziato a produrre dal 4°-5°mese di gravidanza. Molto calorico, ricco di anticorpi, zuccherino, ha una composizione concentratissima di tutte le sostanze utili. Il neonato non ha più il sangue del cordone, ma questo altro liquido – derivato anch’esso dal sangue materno – si trasforma in nutrimento. Il colostro è anche ricco di sali minerali che compensano l’alta perdita di acqua, a vantaggio dei reni. Dura per alcuni giorni e ogni giorno è diverso nella sua composizione, in base alle necessità che cambiano velocemente.
Il contatto frequente, intimo e fisico, che la suzione produce mantiene alti gli ormoni già incontrati nel travaglio e nella nascita: ossitocina e prolattina – l’ormone dell’amore e quello del maternage – entrambe le sostanze lavorano per l’attaccamento. Anche la madre che non allatta, mantenendo uno stretto contatto con il suo bambino, le produce.
Si tratta di un processo circolare di feed-back madre-bambino, dove si intrecciano tutti i codici di comunicazione, il chimico e il gestuale, il verbale e l’emotivo e altri ancora.
Conoscere, rispettare e lasciare emergere questi aspetti può costituire una buona base di partenza per avviare la crescita e l’educazione di un nuovo essere umano… e della sua mamma.
Paola Scavello
Ostetrica de “La Lunanuova”
Il presente scritto è la sintesi di un’appassionante lezione svolta nel corso 2005/6 “Per un Nido di qualità” organizzato a Milano da “Percorsi per Crescere” e Gruppo Norman.